La domanda di giustizia accresciutasi con effetti estesi anche a settori paralleli dell'ordinamento tributario, non procede disgiuntamente dalle occasioni di ingiustizia e di illegittimità che sovente generano convincimenti di impunità o rifiuto di accettazione di responsabilità. Il contribuente, spesso, assume comportamenti diffidenti nei confronti del potere e tende quindi alla propria difesa sperimentando l'intero iter del giudizio nel tentativo, non frequentemente frutto di illogiche decisioni, di differire il più possibile l'esito della vicenda tributaria.
L'idea di giustizia e dell'attuazione del “giusto tributo”, obiettivo del proseguimento degli interessi pubblici specifici dell'area tributaria, dovrebbe quindi tendere a risolversi nella riduzione delle ipotesi di ricorso al giudice tributario, nell'intento di circoscrivere lo sperpero del costoso strumento processuale, a fortiori in presenza di risultati attendibilmente scarsi privilegiando il ruolo dell'Amministrazione finanziaria, che può adattarsi all'attività concreta volta a valutare la idoneità dell'atto amministrativo impositivo a resistere alle contestazioni del contribuente.
Il volume prende in considerazione la prospettazione di interventi che affrontino il problema alla radice, ripensando ex novo tutto l'impianto strutturale e procedurale del sistema in modo da predisporre un complesso idoneo ad assicurare con tutte le garanzie necessarie il pieno e tempestivo funzionamento della giustizia tributaria, così registrando incisive osservazioni critiche, espresse dalla Corte Costituzionale che già aveva definito il processo tributario. Vengono analizzati i passi della disciplina vigente, è indubbio che un effettivo progresso della giustizia tributaria non potrà raggiungersi fino a che la riforma recata dai recenti D.P.R. 545 e 546/1992 non sia accompagnata da un ridisegno sostanziale unitario sistematico e semplificato dell'intero assetto e delle procedure amministrativo-tributarie.