Il libro contiene quattro studi non più facilmente reperibili, preceduti da una recente ampia introduzione e seguiti in appendice dalla traduzione commentata di scritti poco noti. L’autore si è proposto di dissipare l’aura vaticinante con cui la critica ha ammantato la figura del supposto teorico dei rapporti fra la guerra e la politica. Spiegare che cosa sia “la politica” distinguendo fra policy e politics non serve ad andare molto oltre l’uso delle parole. Il suo significato è alquanto simile a come Foscolo concepiva “la costituzione” di un popolo: fatta di natura, di arti, di forze e costumi prima che di leggi governi e magistrature. Vige in Clausewitz l’idea di “politica” come cosmopoli che in Foscolo, per ragioni di statura culturale, fu assai più multisostanziale. Il primato della statualità e dell’amministrazione l’hanno alquanto rimossa dai nostri orizzonti, ma essa è sempre persistita come intuizione di equilibrio o di ordine naturale.
Nel nuovo clima politico della Restaurazione Clausewitz si propose di riaffermare l’antico principio della dipendenza delle armi dalla “politica” anche qualora i nuovi fenomeni eruttivi dell’attivismo nazional-popolare si fossero potuti ripetere. Con la nuova rivoluzione del 1831 la celebre definizione della guerra come prosecuzione eterostrumentale della politica fu una semplificazione e uno scongiuro che resero l’autore malsicuro del risultato ottenuto col Trattato.
Il Vom Kriege non è un’opera incompiuta come il Capitale di Marx, né compiuta a forza come la Critica della ragion pura. L’insoddisfazione dell’autore, che non la volle pubblicare in vita, si spiega con ragioni che hanno qualcosa in comune con l’incompiutezza del Giorno di Parini e delle Grazie di Foscolo. Gli appuntamenti mancati di Bonaparte con Alessandro a Mosca e con Metternich a Dresda non ebbero alcun ruolo nel concepimento del Trattato, che sotto il profilo politico come noi oggi lo intendiamo mostra il suo aspetto più carente. Il pensiero di Clausewitz non può essere messo in dottrina – e nondimeno, come idolum scholae, un trattato non può fare che dottrina, a dispetto dei battaglieri assunti antisistematici giovanili dell’autore. Proprio per questo esso è stato saccheggiato con comodo allo scopo di attualizzarlo. Letture attente di scritti meno conosciuti, che restituiscano il pensiero di Clausewitz alla sua vocazione di scrittore militare, ne possono evitare interpretazioni acrobatiche sempre di moda.