«È un poeta minimo ed oscurato dalle effemeridi effervescenti, reclamate e poco stabili d’Italia nostra e modernissima; un poeta orgoglioso, certo non intonato al coro delle voci rigovernate, ingentilite e direttrici, mal notato per indisciplinatezza anche sui registri delle regie questure del regno, che torna a rappresentarsi anomalo e deciso a rimanerlo. Egli […] vi assicura che difficilmente potrà rimettersi nel gregge; anzi è più deliberato a combatterlo sopra qualunque prateria lo veda a brucare, […] perché si pregia di aver “oltrepassato la consuetudine”».
Oltrepassare, sorpassare, andare “oltre la consuetudine”: questo il programma poetico che Gian Pietro Lucini lancia dalle pagine del «Verso Libero» contro tutte le Accademie e contro il principio di autorità «delle leggi, delli altari, delle caserme, delle grammatiche, della prosodia»; un programma che, come testimoniano i saggi raccolti in questo volume, trova applicazione nelle sue opere su diversi piani (metrico, linguistico, tematico). Alieno dalla “tabula rasa” dei valori del passato, propugnata dal Futurismo e dal suo cantore Marinetti, Lucini procede lungo le vie dell’estenuazione interna dei generi e degli istituti letterari, dello straniamento e del paradosso, per denunciare l’assunzione acritica delle idee dominanti e per proporre una visione decentrata, emarginata ma libera e violentemente critica.