Il poeta italo-egiziano Agostino G. Sinadinò (1876-1956) rappresenta un curioso caso letterario. Battezzato «il fantasma Sinadinò» dai suoi primi scopritori, Glauco Viazzi ed Ernesto Citro, per la scarsità di documenti che lo riguardano, la sua opera si compone di appena otto libri, pubblicati in Egitto e in Europa tra il 1898 e il 1934. Queste raccolte, stampate con una cura maniacale e distribuite fuori commercio, hanno avuto un'esistenza quasi clandestina e hanno finito col disperdersi totalmente. Ma sarebbe un errore considerarle le opere di un marginale o di un minore. Per la sua concezione molto esigente dell'attività poetica, ereditata dal maestro Mallarmé, Sinadino segue invece, da una raccolta all'altra, una vocazione segreta di sperimentatore: tra Alessandria, Milano, Parigi e New York, il suo cammino incrocia le figure più influenti della sua generazione, da André Gide à Paul Valéry, da Lucini a Marinetti e Ungaretti. In questo senso, Sinadinò potrebbe essere considerato, senza esagerazioni, uno dei “maestri in ombra” della letteratura del primo Novecento.
Tra le opere pubblicate da quest'autore bilingue, il poema La Festa (1901) rappresenta certamente uno dei testi più notevoli. Nel 2005, il ritrovamento di un esemplare di questo libro – unico superstite dei cento volumi fatti stampare nel 1901 dal poeta – ci ha convinti della necessità di riproporre il testo in anastatica. Il poema di Sinadinò si offre in effetti come un omaggio al nuovo secolo, un'esplosione dionisiaca della parola, destinata a formare, sulla pagina-spartito, una nuova costellazione. Con assoluta novità per l'epoca, un linguaggio inedito, fatto di caratteri tipografici di varie misure, si stende sulle pagine del libro, fino a raggiungere la straordinaria virtuosità dell'ultima sezione. Questa Festa restaurata e rimessa in luce rende palpabile il legame tra simbolismo orfico e incendio futurista: dal sole di Apollo all'ebbrezza di Dioniso, sembra offrire la prova che una componente sperimentale e avanguardista esiste in Italia molto prima del manifesto del 1909. Testimonianza del movimento sotterraneo che prepara una nuova “grammatica della modernità”, opera di frontiera, filo segreto tra Mallarmé e Marinetti, La Festa di Sinadino può portare a una radicale rivalutazione di certi giudizi sulla produzione poetica di inizio secolo.