I menù della Firenze medievale nel più antico documento edito.
«Savori bianchi» e «civei», «dolci di porco» e «migliacci», «castrone» e «peverate», «porrate», «ghermugi», «erbolate», «curatelle», «pesci d'Arno in guazzetto», «lasagne nella padella», «uova sperdute», «arista» e «piccioni in crosta»: queste sono alcune delle tante e diverse specialità culinarie che si alternavano sulla tavola imbandita del monastero di Santa Trinita.
Per il cuoco del monastero non si trattava solo di nutrire l'abate e i monaci, ma anche di onorare degnamente i tanti ospiti di riguardo accolti nei tre anni documentati (1360-1363). La fonte registra i loro nomi e, con puntiglio, le pietanze che a ciascuno furono offerte, secondo un menù che coniugava di volta in volta il calendario liturgico, le disponibilità stagionali e l'importanza dei convitati.
Il testo qui edito integralmente, interessante anche per gli storici della lingua e dell'economia oltre che per gli studiosi dell'alimentazione, è accessibile senza alcuna difficoltà ai non specialisti, per i quali anzi sarà una lieta sorpresa scoprire l'immediatezza espressiva e la bellezza del volgare fiorentino di oltre sei secoli fa.