L’autore del saggio riconosce fra le carte di un codice composito della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze uno zibaldone letterario messo insieme da Francesco di Matteo Castellani (1418-1494), personaggio già noto agli studi per la sua singolare vicenda di patrizio tenuto ai margini della vita pubblica con l’affermarsi del potere mediceo in Firenze e, soprattutto, per essere stato il primo patrono di Luigi Pulci (1432-1484).
I testi conservati dal manoscritto, fra cui spiccano non pochi versi latini del Castellani e alcuni sonetti di Luigi sinora ignoti e inediti, consentono di precisare il profilo biografico e culturale dei due personaggi e soprattutto gettano qualche luce sul rapporto che intercorse fra loro, fino ad oggi del tutto oscuro: un rapporto che dovette fondarsi sulla condivisione di un universo di valori “tradizionali” radicati nella loro comune condizione di nobili decaduti e che dovette anche tradursi in un fecondo scambio culturale.
I nuovi documenti contenuti nello zibaldone del Castellani permettono inoltre di riconsiderare diversi aspetti della biografia e della produzione di Pulci e di avanzare nuove ipotesi su alcune questioni cruciali dell’esperienza fiorentina dell’autore del Morgante, come la sua relazione con gli intellettuali della cerchia laurenziana, la vicenda dei sonetti di parodia religiosa e le feroci polemiche che lo opposero a Bartolomeo Scala, Matteo Franco e Marsilio Ficino.