«Pulci è scarnito, pura lisca», scriveva Alberto Savinio alludendo al fatto che il suo nome è semplice e non risuona maestoso come quello del conte Matteo Maria Boiardo o di Ludovico Ariosto: un marchio di scrittore popolare (e anche comico) che Luigi si trova inciso nella carne. In questo libro si vorrebbe presentare un volto diverso dell’autore del Morgante, procedendo secondo una doppia direzione: quella della ricerca biografica volta a mostrare un lato nuovo, più tragico e dolorosamente autobiografico, del personaggio e della sua arte, e quella di una lettura allegorico-morale meno prevenuta di molti episodi del poema. Vengono, dunque, ripercorsi alcuni momenti della vita del Pulci e ne viene ricostruita l’inedita attività diplomatica come inviato di Lorenzo de’ Medici presso Roberto Sanseverino. La continua assenza di Luigi da Firenze comporta un ridimensionamento dell’effettivo valore (e delle conseguenze) del violento scontro letterario e culturale col Ficino e col Franco. Uno scontro a cui questo libro dedica pure molta attenzione al fine di rivedere la supposta irreligiosità pulciana, proponendo un’immagine meno trasgressiva e irriverente dell’uomo e meno funambolica e improvvisata del poeta. Pulci concepisce la pagina scritta in modo agonistico, come il luogo dove si verifica un doloroso scontro-incontro di arte-vita, bene-male, sempre animato dal desiderio di raggiungere un ordine che prevalga sul caos. Tale desiderio stabilisce, in ultima analisi, la direzione dell’allegoria del poema, i cui personaggi aspirano a una redenzione finale.
Il volume ha ricevuto la 'honorable mention' al premio Aldo and Jeanne Scaglione Prize for Italian Studies della Modern Language Association di New York.