Alessandro Parronchi, figura di spicco della terza generazione poetica fiorentina, con raccolte come I giorni sensibili (1941) e I visi (1943) ha contribuito in maniera decisiva a strutturare (e codificare) gli usi lessicali, i temi, le prospettive ideologiche, le fonti e i topoi dell’estetica ermetica. La sua poesia ha avuto la particolarità di dare vita fin dall’inizio a originali interferenze tra la scrittura in versi e la sua attività di storico dell’arte, all’insegna di una trasversalità dei generi (poesia, pittura, ma anche scultura, musica…) che fa dell’opera di Parronchi un’espressione novecentesca – quindi inattuale – della grande stagione del romanticismo europeo.
Avvalendosi di competenze che vanno dai più agguerriti strumenti filologici al vaglio delle fonti filosofiche e intertestuali, la rigorosa monografia di Leonardo Manigrasso indaga per la prima volta l’intero arco dell’opera di Parronchi, ponendo particolare cura nella ricognizione dei termini della sua militanza ermetica e del successivo affrancamento dalle modalità antinarrative dei primi libri. Sono messe in risalto le rotte principali della poesia matura (la stagione delle sperimentazioni stilistiche, il recupero di tradizioni alternative alla simbolista, il drammatico contraddittorio con la modernità, i temi dell’amicizia, della vecchiaia, della morte) senza rinunciare a coinvolgere in modo persuasivo alcune declinazioni non secondarie della sua scrittura, come le incursioni nel dominio del melodramma, del cinema, l’attività epistolare e di traduzione. L’obiettivo, anche mobilitando risorse preziose come la cronologia della vita e la storia della critica che corredano il volume, è quello di documentare come al fondo dell’opera di Parronchi si ponga una terribile lacerazione, il conflitto tra il sogno di sgominare il tempo tramite la parola poetica e – leopardianamente – l’inevitabile destino di capitolazione e morte.