È con la prima folgorante immagine di Maria Giuseppa – il Camposanto – che si entra tra le pieghe della straordinaria opera narrativa di Tommaso Landolfi. Tutto è centrato nel luogo che esalta la funzione della morte e ne rivela il tempo e lo spazio, le forme e i contenuti.
Il libro di Rodolfo Sacchettini riflette con originalità su questo peculiare cronotopo che nel suo includere “catastrofe iniziale e catastrofe futura” innesca un paradosso essenziale da osservare e descrivere. Seguendo la pista del “fantastico” tra Todorov, Calvino e Contini, Sacchettini indaga i modi con i quali la tradizione letteraria, attraverso il filtro della parodia e della citazione, riaffiora nelle pagine dello scrittore non senza una forte patina di inattualità. Alla maniera di Barthes e Agamben ripercorre invece le zone desuete del vocabolario frequentate da Landolfi, nel tentativo di tracciare un percorso che conduce da ultimo all'ipotesi della morte del linguaggio. Dai primi racconti a Cancroregina previsione e pre-visione si fanno modo privilegiato d'analisi, fino a far emergere, dietro ogni atto creativo, una sorta di sinopia funebre.