Carlo Lapucci è noto soprattutto come linguista («Dizionario dei Proverbi italiani») e studioso di tradizioni popolari («Fiabe Toscane», «La Bibbia dei poveri», «La simbologia delle piante»). La sua prima vocazione, però, è stata la poesia, sbocciata sotto l’egida di due illustri fiorentini, Mario Luzi e Nicola Lisi, e maturata sulle placide rive del Lago del Salto. Mentre raccoglieva i frammenti di una cultura popolare e contadina che stava scomparendo, fatta di proverbi, fiabe e leggende, si cimentava anche nel flusso di coscienza, guardando ai grandi autori anglosassoni.
Nella sua vita queste due nature – lo scrittore e lo studioso – si sono alternate e intrecciate, fino a trovare un’armonia. Con questo libro abbiamo voluto tracciare un ritratto a tutto tondo dell’autore toscano, individuandone la poetica e le riflessioni scaturite dai suoi scritti. Oltre alla critica alla società del dopoguerra, dipinta con pungente ironia, vi troviamo la fascinazione per il dato umano e la convinzione che per quanto gli uomini possano apparire meschini, smarriti e accecati, prevalga il sentimento di carità e di solidarietà.
Vivere come la spiga accanto alla spiga
e operare fiduciosa e paziente
come il contadino guarda il suo campo
seminato sotto il gelo.