Le verità del velo vuole significare due cose: da una parte riconoscere ad un oggetto —il velo che copre e dissimula le identità dei volti, dei corpi, degli individui— una certa unità di funzione, quale che ne sia la specifica declinazione spazio-temporale e culturale; dall’altra accettare, appunto, che tale oggetto sostanzialmente univoco abbia di fatto una varietà di espressioni, ricezioni, interpretazioni che lo rendono polisemico.
Non solo, dunque, in contesti diversi può essere prodotto, commercializzato, indossato, rappresentato, descritto e interpretato in maniere diverse, tutte vere, a seconda dei punti di vista, ma esso anche nel medesimo contesto, anche nella stessa realtà circoscritta, anche nella stessa specifica oggettualità può avere più significati e conseguentemente ottemperare ad esigenze di produzione di valore simbolico o di verità in maniera massimamente soggettiva.
Contemporaneamente è un oggetto che produce discussione, dibattito, agonismi: ciascuno può cercare di dire la sua rispetto ai motivi per cui è indossato, per cui è imposto, per cui è scelto; ma anche rispetto ai motivi per cui è tolto, per cui è sottratto, per cui è abbandonato. Le stesse persone possono farne usi diversi in contesti diversi, attribuirgli un significato diverso a seconda delle situazioni, sfruttarlo, financo, in base ad istanze e aspettative variabili. Dunque non esiste solo la verità di chi lo indossa, ma anche di chi lo fa indossare; ed esistono le verità di chi interpreta questo atto e lo considera ora simbolo di emarginazione e sottomissione, ora di emancipazione e libertà.
Pur in presenza di un’apparente conflittualità di visioni o di un’ambiguità di fondo, resta un oggetto semplice: strumento antropopoietico elementare, è assimilabile sia alle minime e meno invasive forme temporanee di copertura del corpo, sia alle più complesse e stratificate modalità di mascheramento che pur essendo reversibili hanno invece tutto il tratto della permanenza.
Il volume non è una rassegna completa delle possibili riflessioni sulle verità del velo o sui veli, non ha ambizioni di completezza e di esaustività. Abbiamo insieme, curatori e autori, l’ambizione di affrontare diversi aspetti, in diverse epoche, in diversi contesti, guardando a diverse tipologie di fonti e infine anche con approcci diversi, in un intento interdisciplinare ma consonante in un obiettivo unico, che è quello di disvelare la complessità dell’oggetto e la sua polisemia, ma anche la sua rilevanza, in diversi contesti e diverse epoche —possiamo dire anche in diversi orizzonti culturali— così da sottrarlo alle banalità delle semplificazioni e alla rozzezza delle approssimazioni, alla volubilità delle generalizzazioni. In ciò risiede dunque l’obiettivo intellettuale e politico: contro usi, abusi, distorsioni, ma anche contro facili strumentalizzazioni, si rivendica la necessità della cautela, dell’attenzione al dato storico, alla precipuità delle varianti in gioco, ma anche della cura contro i rischi di deformazione, di forzatura, di violenza nel leggere la realtà e le realtà. Quando sono in gioco valori o verità degli individui o dei gruppi, l’accortezza metodologica, la decrittazione dei segni, il riconoscimento della diversità costituiscono un programma scientifico che si fa anche politico, nel senso di pretendere e avvalorare modalità condivisibili di descrizione e comprensione della realtà.