Norma e norme, coppia fatale. Anche in Sud Asia, sotto le vesti del termine dharma, si è consumata la medesima contesa. Anche lì regola ed eccezione, universale e particolare, hanno di continuo mostrato i caratteri ambigui del loro rapporto. Anche in Sud Asia, di fatto, l’intento principale sotteso a ogni discorso normativo è stato quello di estendere un dato insieme di prassi e consuetudini, ritenute rette, a una data collettività, col fine di farle recepire e accogliere in seno alle proprie abitudini e ai propri costumi. Ma per ottenere questi risultati, il discorso normativo deve necessariamente fare i conti con tutta una serie di ragioni pratiche e consuetudini d’uso, misurandosi con i differenti piani della contingenza. Ciò rende ragione del fatto che in Sud Asia, dai primi secoli a.C. in poi, i ‘redattori del discorso sulla norma’ (dharmaśātrakāra), nel tentativo di giustificare il proprio operato, abbiano messo in evidenza quella che è stata —e rimane ancora oggi— forse la più inquietante fra le problematiche normative: l’ansia di legittimazione insita in ogni manovra intellettuale che si pone come traguardo quello di fondare la ‘verità’ epistemica di una regola, di una norma, di una convenzione pratica.